La Società Italiana di Pediatria compie oggi 120 anni. Nacque, infatti, a Torino il primo ottobre 1898 per opera di 124 pediatri convinti che fosse arrivato il momento di separare la medicina del bambino da quella dell’adulto.
Erano anni in cui la mortalità infantile era elevatissima, non c’erano ancora gli antibiotici e i vaccini (tranne quello contro il vaiolo) a combattere le malattie infettive, la malnutrizione era diffusa e la scuola non era per tutti. Da allora molte cose sono cambiate.
Bambini di ieri e bambini di oggi: ecco le 10 differenze che fanno la differenza.
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Nascite
Nel 1898 l’talia contava circa la metà degli abitanti di oggi. Ma molti più bambini. Al censimento del 1901 risultò che su una popolazione totale di circa 32 milioni di persone, i bambini (0-15 anni) erano circa 11 milioni. Oggi sono poco più di 8 milioni su una popolazione raddoppiata rispetto ad allora e pari a 60 milioni di abitanti. Centoventi anni fa nascevano 33.5 bambini ogni mille abitanti, oggi appena 7,6.
Nomi
Alla fine dell’Ottocento i nomi più diffusi tra i bambini e le bambine erano Giuseppe e Maria, mentre dal 2013 è Francesco a occupare il primo scalino del podio, seguito da Alessandro, Leonardo e Lorenzo. Tra i nomi femminili Sofia resiste da anni in vetta alla classifica seguita da Aurora, Giulia ed Emma.
Speranza di vita alla nascita
L’Italia è oggi uno dei Paesi più longevi al mondo con una speranza di vita alla nascita di 82,8 anni (80,6 anni per gli uomini e 84,9 per le donne), al di sopra della media UE a 28 (80,6 anni). Non era cosi nel 1898 quando la speranza di vita era di appena 35 anni (35,2 per i maschi e 35.7 per le femmine). A pesare sull’aspettativa di vita era soprattutto l’elevata mortalità infantile.
Mortalità nel primo anno di vita
Nel 1898 ogni mille bambini nati vivi ne morivano circa 240, di cui 168,9 nel primo anno di vita e 71,4 nei primi 5 anni. Oggi il tasso di mortalità infantile, pari a 2.9 su mille bambini nati vivi, è tra i più bassi al mondo (seppur con alcune differenze tra nord e sud del Paese e tra i bambini nati da madri italiane e straniere). Questo risultato è stato raggiunto grazie ai progressi della scienza e della medicina e alla lotta contro malattie che una volta erano endemiche nel Paese, a riforme politico-sanitarie, al miglioramento delle condizioni ambientali e socio-economiche,
all’alfabetizzazione, allo sviluppo di una cultura dei diritti dell’infanzia.
Cause di mortalità
Nel 1898 oltre 6 decessi su 10 erano dovuti a malattie infettive. Le gastroenteriti, appendiciti e le febbri tifoidi e paratifoidi rappresentavano circa il 26% di tutti i decessi: l’influenza, la bronchite e la polmonite circa il 21%, la tubercolosi il 4%, il morbillo e la meningite il 3%, la pertosse e la malaria il 2%. Oggi l’81% dei decessi nel primo anno di vita è dovuto a infezioni perinatali e malformazioni congenite.
Vaccini disponibili
All’epoca a proteggere i bambini da temibili malattie infettive non cerano i vaccini, tranne quello del vaiolo, sviluppato da Edward Jenner nel 1796. All’inizio del 900 e sino alla metà del secolo scorso numerose epidemie furono responsabili di tantissime morti anche infantili. Risale al 1939 l’introduzione dell’obbligo vaccinale contro la difterite, a cui seguirono quello per la poliomielite (1966), il tetano (1968) e l’epatite B (1991). Oggi sono 16 i vaccini resi disponibili dal Calendario vaccinale per l’età evolutiva.
Durata dell’allattamento al seno
I bambini venivano allattati al seno a lungo, sino a 18-24 mesi, anche per ragioni economiche. Nelle classi sociali più agiate si ricorreva alle balie perché si riteneva che allattare al seno non fosse in linea con lo status di appartenenza L’allattamento prolungato ed esclusivo al seno era causa di malnutrizione. Il divezzamento veniva attuato nel secondo anno di vita e spesso costituiva il momento in cui la mortalità si aggravava perché veniva fatto senza rispettare importanti criteri di igiene. Oggi solo il 30% delle donne raggiunge i 6 mesi di allattamento esclusivo al
seno raccomandato dall’OMS, mentre la durata media dell’allattamento non esclusivo al seno è di 8,3 mesi.
Giochi
A quel tempo ci si divertiva con mosca cieca, salto con la fune, nascondino, campana, biglie, stecchini, bastoncini e per i più fortunati trenini e giostrine di latta. I giochi tradizionali erano poveri, ma ricchi di divertimento, anche se non avevano ovviamente i requisiti di sicurezza di oggi. Giochi molto diversi da quelli dei bambini di oggi che passano molte ore davanti alla tv e ai dispostivi elettronici e che già a un anno maneggiano il tablet o lo smartphone. Stili di vita più sedentari che contribuiscono all’aumento del sovrappeso e dell’obesità infantile.
Numero dei fratelli
All’epoca le famiglie erano molto più numerose. Ogni donna aveva in media nella sua vita 4,9 figli contro 1,3 di oggi. anche se, dati gli elevati tassi di mortalità infantile, non tutti i figli arrivavano al compimento del quinto anno di età Oggi i nuclei con figli unici superano quelli con una prole numerosa, e l’istat stima che in Italia ci siano un milione e 215 mila bambini fino a 17 anni che vivono solo con la madre, pari al 12,1% dei minori.
Analfabetismo
Nel 1877 la legge Coppino rese la scuola elementare obbligatoria e gratuita, ma l’applicazione era demandata ai Comuni che spesso non avevano sufficienti risorse per garantirne l’applicazione. Inoltre la legge accettava la povertà come impedimento legittimo ad adempiere l’obbligo scolastico. A diversi anni dall’emanazione della legge la maggior parte dei bambini (62%) non frequentavano la scuola perché lavoravano nei campi o perché abitavano troppo lontani o perché non avevano vestiti adatti. Per dare una svolta all’alfabetizzazione del Paese si dovette attendere la riforma Gentile del 1923.