Timidezza: il cuore comincia a battere forte, le guance avvampano, sudore e voce tremolante. Cerchiamo di capire cos’è la timidezza.
La timidezza è definita come l’incapacità di rispondere in modo adeguato alle situazioni sociali. Le persone timide hanno difficoltà ad incontrare altre persone. Ad avviare una conversazione con loro, a creare amicizie ed innamorarsi. (Defininizione di Henderson, Zimbardo, Carducci, 2010).
E’ un tratto della personalità caratterizzato una radice cognitiva. Cioè una radice razionale, legata a come si ragiona. Che si porta dietro componenti affettive (cioè emotive, relative alle emozioni) e quindi comportamentali (si mettono in atto determinati comportamenti).
Un pò di timidezza esiste nella maggioranza di noi, magari solo nei confronti di un certo tipo di persona o di situazioni.
La persona timida la prova e la manifesta in misura maggiore. Anzi potremmo dire che esistono vari gradi di difficoltà a relazionarsi con le altre persone. Da chi non presenta mai questa difficoltà, a chi presenta tale difficoltà solo qualche volta o in relazione a particolari situazioni.
Vi è poi chi presenta questa difficoltà spesso e in varie situazioni come parlare in pubblico. In questo caso la timidezza comincia a diventare un problema che si vuole risolvere. Anche se non impedisce una vita lavorativa normale. Fino a chi la manifesta questa difficoltà ai livelli massimi.
In questo caso si parla di fobia o ansia sociale. Una vera e propria malattia che blocca completamente e impedisce anche di avere una vita lavorativa.
Parliamo di timidezza che si manifesta a vari livelli quando questa non comporta una impossibilità di trovare un adattamento. Non impedisce di lavorare perchè non porta con sé una sofferenza importante.
Parliamo invece di ansia o fobia sociale quando la sofferenza derivata dalle relazioni sociale è così importante da impedire ogni forma di adattamento anche sul lavoro. Quando la persona è completamente bloccata dalla paura degli altri.
Oppure quando la persona si sforza di andare per esempio al lavoro ma la fobia che prova comporta un dispendio di energia fisica ed emotiva elevatissimo. Che compromette in modo significativo la qualità della vita.
La timidezza non è quindi una malattia, mentre la fobia sociale lo è.
La timidezza è un fallimento nelle relazioni sociali che si manifesta in diversi gradi, può provocare sofferenza. Ma senza che questa impedisca una vita tutto sommato normale.
La timidezza è molto comune, circa il 40% della popolazione si dichiara timida.
Cosa non è timidezza
La timidezza non va confusa con introversione né con bassa autostima. Nell’ introversione vi è un rifiuto volontario nel rapportarsi agli altri. Il timido invece cerca il rapporto con gli altri ma non ci riesce e ci riesce con difficoltà possono generare sofferenza.
L’autostima invece può essere alta a livello globale nel timido. Basta pensare alle numerose star o persone di potere timide. Ma è bassa solo in specifiche situazioni. Cioè quelle legate alla socializzazione con gli altri.
Caratteristiche della timidezza
La radice della timidezza è un’insicurezza nelle relazioni sociali che determina paura. Si prova timore, paura di fare brutta figura nella relazione con gli altri. Paura di sbagliare.
Paura di non essere all’altezza nelle varie situazioni sociali.
Vi è poi una particolare vulnerabilità, sensibilità alle critiche. Quindi paura di essere giudicati male dagli altri che ci appaiono superiori nelle relazioni. Sono spigliati, socievoli e il timido ha paura di non essere alla loro altezza.
Il timido ha paura di essere giudicato inadeguato. Di non riuscire ad aderire ai clichè e agli stereotipi che lo vogliono sicuro e socievole.
“Se dico questo mi criticheranno, se dico quest’altro sarò giudicato o rideranno di me“.
La paura di rimanere bloccato in situazioni che si giudicano a rischio.
Molti dati ci informano che la paura di parlare in pubblico o in un gruppo di persone è una delle paure più diffuse in assoluto. Così come è molto diffusa quella spiacevole sensazione di disagio che si può provare trovandosi ad una festa dove non si conosce gli altri invitati.
Con gli altri i timidi vivono uno stress di varia entità.
Le reazioni fisiologiche tipiche sono: l’accelerazione del battito cardiaco, le palpitazioni, il respiro affannoso, la sudorazione eccessiva, il rossore al volto. Tutte reazioni da stress.
Legate ad un’attivazione del sistema ortosimpatico, alla liberazione di cortisolo e catecolamine. L’incontro con gli altri è vissuto, a vari livelli, come un pericolo nei confronti del quale attivare una reazione di difesa o fuga.
Come ci si sente
Dalla sensazione di insicurezza e da quella di paura nei confronti della socialità, dell’incontro con gli altri nascono varie percezioni distorte.
Il timido si sente debole, a disagio, sempre fuori luogo e fuori tempo, non adeguato, imbarazzato, impacciato. Sviluppa esitazione, ritrosia, vergogna, ansia.
Si impedisce di vivere e agire liberamente nel rispetto dei suoi tempi e della sua natura.
Tende a stare in silenzio, non riesce ad esprimere la sua opinione. Vai in ansia perché pensa di dover parlare a tutti i costi, evita le situazioni sociali.
Diventano rosso solo se qualcuno posa lo sguardo su di loro. Si paralizza da sé.
Arriva a privarsi anche delle esperienze quotidiane piacevoli.
Gli schemi mentali rigidi
Si imprigiona in schemi mentali rigidi, di difesa ritenendoli perfetti. Non è in grado di fare diversamente che nascondersi dietro la timidezza.
Gli altri possono diventare nemici da combattere e si pensa che entrano in relazione con te sperando in un tuo errore.
Anticipa con la mente la situazione che lo vedranno coinvolto e si prepara le parole da dire. Questo sforzo gli impedisce di essere rilassato e non appena qualcosa sfuggirà dalle sue previsioni, si blocca.
Questo genera vari livelli di sofferenza psichica. Genera tristezza e la sensazione di sentirsi imprigionato.
Il timido vorrebbe avere un rapporto con gli altri normale, ne ha bisogno. ma non ci riesce. Ciò provoca sofferenza.
Il timido vuole entrare in interazione con gli altri, ma si blocca, preferisce aspettare che siano gli altri a fare la prima mossa. La motivazione è presente ma non sufficiente dunque.
Ha bisogno di tempi più lunghi per rapportarsi agli altri, ed è anche questo che li blocca. Vorrebbero velocizzare le relazioni ma non ci riescono.
Le persone con timidezza si lasciano coinvolgere nelle uscite, nel partecipare a situazioni sociali. Ma tendono a ripetere sempre le stesse cose, mostrano un limitato repertorio di azioni che cercano di non modificare. Perché per loro il cambiamento significherebbe pericolo.
Il circolo vizioso
Questi sono tutti comportamenti che tendono a creare barriere personali, sociali, professionali.
A generare un circolo vizioso. Il circolo vizioso dell’ansia anticipatoria. Il timido teme di essere a disagio, si agita, quindi si trova a disagio, si accorge che il disagio cresce, e sis sente ancora più a disagio, avverte l’accelerazione del battito cardiaco, il calore al volto e il disagio aumenta.
La radice cognitiva
Come già accennato la radice è nell’insicurezza e nella paura che sono legate a quello che si pensa. Alla ragione, hanno cioè una radice cognitiva.
La timidezza dunque non è immodificabile.
Chi è timido non è condannato a rimanere tale per sempre perché il modo di essere della timidezza è frutto di un apprendimento
La timidezza si apprende perché è parte del modo di pensare e di affrontare gli eventi della vita che, con la crescita, si è appreso dai propri genitori e dalle figure di riferimento che si sono incontrate lungo il cammino.
La timidezza è parte del suo modo di pensare e di ciò che determina i suoi valori e le sue convinzioni. Poiché i pensieri si possono cambiare allora anche la timidezza si può cambiare e superare.
Certo non è facile farlo ma è,senza ombra di dubbio, possibile se lo si desidera.
Le strategie dei timidi
Le persone che hanno timidezza utilizzano varie strategie per superarla. Per superare gli schemi mentali in cui sono imprigionati.
Le principali strategie utilizzate sono estroversione:
- forzata
- mentale (parlare della timidezza)
- educativa (ricercare informazioni sulla timidezza)
- liquida (bere per rilassarsi ed eliminare l’ansia)
- assistita (ricercare un aiuto professionale di uno psicologo o psicoterapeuta)
Tutte le strategie citate, ad eccezione dell’ultima si rivelano disfunzionali. Cioè non funzionano e non solo. Possono provocare un peggioramento della timidezza. Innescare il circolo vizioso di cui abbiamo parlato in precedenza.
Strategie efficaci
La cosa più importante è lavorare con la timidezza anziché contro la timidezza.
E’ importante accettare il fatto di essere timidi, capire le dinamiche della propria timidezza e modificare ciò che si fa e non ciò che si è.
Sicuramente le strategie efficaci necessitano quasi sempre dell’aiuto di uno psicologo.
La timidezza può essere conosciuta, accetta come parte della propria natura, ridimensionata e in alcuni casi persino usata a proprio favore favore.
Il fatto che sia una condizione molto comune è un dato prezioso nel lavoro con la persona timida, in quanto ciò lo porta a non sentirsi solo e isolato nel suo problema.
Inoltre che vive con la timidezza può capire che questa non è solo sinonimo di difficoltà e disagi.
La timidezza porta con sé anche una serie di qualità e abilità che, se efficacemente utilizzate, possono diventare un punto di forza.
Come per esempio, la maggiore e più prolungata capacità di attenzione e concentrazione. I timidi tendono ad essere persone più attente. Che spesso rimangono ai margini in una fase di osservazione e valutazione e che agiscono solo in un secondo momento. Bisogna che la persona timida ne sia consapevole.
L’aiuto della consapevolezza
Essere consapevole che nessuno è lì ad aspettare un tuo errore. Come un nemico in agguato. Gli altri non sono nemici da combattere. Ti guardano né più né meno di come li guardi tu.
Essere consapevole che non sempre ti comporti da timido e quando lo fai non crolla il mondo. Anzi può essere utile. Va buttato via metro troppo rigido con il quale ti giudichi, alla ricerca di una perfezione che non esiste.
Essere consapevole di chi si è aiuta a non anticipare le situazioni che ti vedranno coinvolto e a non prepararsi le parole da dire. Non preparare il futuro. Verrà da se.
Inoltre non devi per forza parlare. Non devi dire per forza cose intelligenti. Puoi tacere senza problemi. Questa consapevolezza più eliminare l’ansia. Piano piano scoprirai che le parole vengono quando pare a loro.
Altro elemento di consapevolezza può essere quello di osservare come gli altri non sono degli dèi. Guardati intorno con attenzione e noterai che gli altri non sono perfetti. Fanno i conti ogni giorno con le loro fragilità, non sono migliori di te, sono solo diversi.
Queste consapevolezze possono permetterti di ritrovare il gusto del gioco. A non temere le tue reazioni, anche quelle inaspettate.
Facendo così ogni giorno potrai scoprire nuove parti di te. A cui potrai fare ricorso ogni volta che ti troverai in una situazione che ti blocca e in cui non ti senti a tuo agio.
Approcci terapeuti
Proprio perché è necessario lavorare sui pensieri l’approccio psicologico cognitivo-comportamentale si è dimostrato efficace.
Va infatti a lavorare proprio sui pensieri, sulle emozione e sui comportamenti che ti fanno da freno nella vita di tutti i giorni.
Utilizza strategie che insegnano come iniziare una conversazione, come mantenerla. Come coinvolgere altre persone in una conversazione avviata e infine come terminare creando opportunità future di contatto.
Tuttavia oggi esistono anche altre modalità, alcune lavorano direttamente sul corpo, altre su chi sei quando non sei timido. Una di queste è la teatroterapia.
Lo psicofarmaco può essere utile in alcuni casi. Il suo utilizzo, se guidato da un bravo psichiatra, non deve spaventare. Ma affinché il risultato farmacologico sia durevole, devi modificare il modo in cui ti rapporti al problema.
Differenze tra timidezza e fobia sociale
Abbiamo già accennato alla differenza tra timidezza e fobia o ansia sociale. E’ una differenza caratterizzata dal provare inadeguatezza e paura nei confronti delle relazioni sociali in maniera molto più intensa rispetto alla timidezza.
Nella fobia sociale l’ansia relativa al contatto con altri individui assume un’intensità tale da compromettere l’adattamento socio lavorativo di una persona o crea un disagio, un senso di sofferenza tale da non poter essere sopportato.
Questo può accadere quando, ad esempio, a causa di quest’ansia le persone non riescono più a frequentare il luogo di lavoro. Oppure quando, nonostante continuino a farlo, la fobia comporta un dispendio di energia fisica ed emotiva elevatissimo. Compromettendo in modo significativo la qualità della loro vita.
Nella fobia sociale il circolo vizioso in cui si ritrovano le persone è molto forte.
Vengono distinti due sottotipi di fobia sociale:
- forma generalizzata: la forma più pervasiva, cioè quando l’ansia si presenta nella maggior parte delle situazioni in cui sia presente l’esposizione agli altri
- forma non generalizzata (o circoscritta): nella quale la persona sviluppa ansia in una o due situazioni al massimo, di solito prestazionali, come il parlare, il mangiare in pubblico,il lavorare quando si è osservati, il sostenere esami orali in generale quando si è al centro dell’attenzione
Le complicanze
La persona affetta da fobia sociale può andare incontro a complicanze.
Studi scientifici hanno dimostrato che, in alcuni casi, la fobia sociale può causare ulteriori disturbi che talvolta possono anche diventare invalidanti. È il caso, per esempio, dello sviluppo di abuso di alcol o droghe.
Spesso sono utilizzate come “self-medication”, cioè con la finalità di attenuare e curare i sintomi d’ansia. Però finiscono per peggiorare il loro stato psicologico. In alcune situazioni la fobia sociale può portare l’individuo ad un profondo ritiro sociale e, in alcuni casi, alla depressione.
Il fobico sociale evita tutte le situazioni che innescano l’ansia. Rinuncia ad uscire con gli amici, all’università, alla carriera professionale, all’amore e si chiude, ogni giorno un po’ di più, in un piccolo spazio ristretto fatto di sicurezze e abitudini che, evitano l’ansia, ma solo fino al momento in cui l’ansia si impadronirà di un altro spazio della vita del soggetto.
Chi soffre di fobia sociale (specifica o generalizzata che sia) si rende conto dell’irrazionalità delle proprie paure ma non riesce a vincerle.
In definitiva la fobia sociale è la timidezza portata all’estremo e dunque
Guarire dalla fobia sociale
È possibile intervenire su questo disturbo sia da un punto di vista strettamente farmacologico che psicoterapico.
Esistono numerose evidenze scientifiche che dimostrano la superiorità del trattamento combinato (psicoterapia associata a terapia farmacologica) nella cura della fobia sociale.
Cosa abbiamo imparato
La timidezza è una condizione non patologica caratterizzata dall’insicurezza e dalla paura di entrare in contatto con altre persone. Per gestire la paura di innescano comportamenti e schemi mentali che possono portare sofferenza. Il tutto senza intaccare le capacità di condurre una vita normale soprattutto dal punto di vista lavorativo.
In caso in cui emozioni, pensieri e comportamenti disturbino in maniera particolare la persone che ne soffre vi sono vari approcci che si possono mettere in campo. Soprattutto con l’aiuto di persone specializzate. L’obiettivo è rendersi consapevoli della propria condizione, accettarla e modificare non ciò che si è ma ciò che si fa.
La vera malattia è la fobia sociale. caratterizzate da meccanismi simili alla timidezza ma molto più intensi che impediscono una vita lavorativa normale.
La timidezza si compone dal desiderio di piacere e dalla paura di non riuscirci.
Edme-Pierre Beauchene