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Allergia alimentare: tutto quello che dovresti sapere

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Studio medico Anguissola, via Sofonisba Anguissola 25/1, Milano. A due passi dalla fermata Bande nere della linea rossa. 

Moltissime persone pensano di soffrire di allergia alimentare. O che i loro bambini ne soffrono. In realtà molto spesso si attribuiscono i più diversi sintomi e disturbi vari all’allergia alimentare. Si escludono volontariamente dei cibi dalla dieta, tanto per vedere cosa succede.

Cerchiamo di capire esattamente quando si può parlare di allergia alimentare e quando escludere un cibo dalla dieta per curare l’allergia.

Nella maggior parte delle persone quando introduciamo un alimento nel nostro corpo, questo raggiunge l’intestino dove viene assorbito. Il sistema immunitario del nostro intestino non ha nulla da dire al riguardo. Infatti riconosce l’alimento come qualcosa di utile e soprattutto non dannoso per noi. Si dice che tollera l’alimento.

In alcune persone certi alimenti non vengono tollerati. E’ questo il caso dell’allergia alimentare. L’alimento scatena una particolare reazione del nostro sistema immunitario contro lo stesso.

Nelle allergie alimentari la reazione che causa l’allergia è caratterizzata dalla produzione in eccesso di particolari immunoglobuline chiamate IgE.  Tale reazione nei confronti dell’alimento può causare sintomi locali o in tutto l’organismo. L’allergia alimentare è molto più frequente nei bambini, tende con il passare degli anni a guarire. Nell’adulto è meno frequente.

I sintomi dell’allergia alimentare

L’allergia alimentare può presentarsi con sintomi molto diversi. Questi compaiono a breve distanza dall’assunzione dell’alimento (da pochi minuti a poche ore) e sono tanto più gravi quanto più precocemente insorgono.

Il tipo di proteina verso cui il soggetto sviluppa anticorpi IgE è tra i più importanti fattori della gravità del quadro clinico.

Esistono infatti proteine che resistono alla cottura e alla digestione gastrica, responsabili in genere di sintomi che coinvolgono tutto l’organismo e possono essere gravi. Proteine che invece non sono resistenti alla cottura e alla digestione dello stomaco, che causano solitamente sintomi locali e più lievi.

Tra i principali sintomi causati dall’allergia alimentare ricordiamo, in ordine di frequenza con cui si presentano, quelli a carico di:


  • cute: orticaria, angioedema, dermatite atopica, eczema
  • gola: prurito e formicolio a labbra, palato, lingua o gola; gonfiore delle labbra e della gola; sensazione di ristrettezza (spasmo) in gola, raucedine, disfonia e/o tosse secca
  • tratto gastrointestinale: nausea, vomito, crampi addominali, coliche e diarrea
  • naso e degli occhi: prurito, lacrimazione e congestione nasale (rinocongiuntivite)
  • polmone: broncospasmo, tosse, difficoltà a respirare e respiro corto
  • apparato cardio-circolatorio: alterazioni del ritmo cardiaco e bassa pressione
  • sistema nervoso: capogiri, vertigini, svenimenti

La sindrome orale allergica

Si parla di sindrome orale allergica quando compaiono sintomi alla bocca che insorgono immediatamente dopo il contatto dell’alimento con la cavità orale.

Di solito i sintomi sono prurito e pizzicore alla bocca e alla gola, papule e vescicole della mucosa e gonfiore alle labbra. Nella maggior parte dei casi questi sintomi si risolvono in breve tempo.

L’allergia a qualsiasi alimento può manifestarsi con la sindrome orale allergica. Generalmente per questa sindrome insorge in pazienti allergici alla frutta e alla verdura fresca.

Gli alimenti più frequentemente in causa sono mela, pera, pesca, carota, melone. La cottura dell’alimento determina l’inattivazione dell’allergene responsabile e consente l’assunzione dell’alimento senza alcuna reazione.

Spesso chi presenta queste allergie è allergico anche a determinati pollini. Questo perché la proteina che causa l’allergia è presente sia nella frutta o verdura che in alcuni pollini. Si parla in questo caso di cross-reattività tra alimento e polline.

Due delle più importanti proteine responsabili della cross-reattività tra alimenti e pollini sono stati recentemente purificati e clonati. Queste proteine si chiamano: allergene maggiore della betulla (Bet v1) e profilina (Bet v2).

La profilina per esempio è presente in vari alimenti vegetali come sedano, patata, pomodori, carote, pesche, pere, noci. E nei pollini delle betulacee.

Cross-reattività frequentemente riscontrata tra pollini ed alimenti vegetali:

GraminaceeFrumento, melone, anguria, pomodoro, arancia, kiwi, pesca, albicocca, ciliegia, prugna
UrticaceeGelso, basilico, piselli
CompositeSedano, melone, anguria, mela, banana, zucca, camomilla
BetulaceeMela, pera, albicocca, ciliegia, noce, banana, nocciola, carota, finocchio, sedano, patata

Anafilassi e allergia alimentare

L’allergia alimentare rappresenta la prima causa in assoluto di anafilassi nel bambino e la seconda nell’adulto.

Per anafilassi si intende reazione che interessa tutto l’organismo che può mettere a rischio la vita del paziente.

Come si fa la diagnosi di allergia alimentare

La diagnosi di allergia alimentare è un percorso complesso. Deve essere fatta da e pediatra esperti.

Il primo passo nella diagnosi di allergia alimentare è quello di cercare una correlazione fra l’ingestione dell’alimento e la comparsa dei sintomi.

Bisogna indagare:


  • le caratteristiche dei sintomi attribuiti all’allergia
  • l’eventuale presenza di analoghi sintomi in altre persone della famiglia o amici che hanno mangiato lo stesso alimento
  • il periodo che passa tra assunzione dell’alimento e comparsa dei sintomi
  • il fatto che questi sintomi compaiono tutte le volte che ingeriamo l’alimento sospetto
  • l’eventuale esecuzione di sforzi dopo l’ingestione dell’alimento
  • la concomitante assunzione di farmaci (soprattutto farmaci antinfiammatori non steroidei o FANS)
  • l’eventuale presenza di allergia cutanee o respiratorie già conosciuta e diagnosticata correttamente

I test diagnostici utilizzati per la diagnosi hanno lo scopo di individuare se i sintomi sono dovuti ad un’allergia alimentare e la proteina responsabile dell’allergia stessa.

L’interpretazione dei test allergologici richiede una specifica preparazione. Solo dopo che è stata effettuata una diagnosi di certezza di allergia alimentare è opportuno escludere dalla dieta uno o più alimenti.

Si consiglia caldamente di non escludere dalla dieta un alimento senza prima aver effettuato una valutazione allergologica.

Test di primo livello

I test allergologici utilizzati come primo livello sono il prick test e il prick by prick.

Il prick test è un test sensibile e specifico

Si effettua utilizzando estratti proteici purificati che sono in commercio (prick test) oppure alimenti freschi in particolare del mondo vegetale (prick by prick).

Si mette sulla cute una goccia dell’estratto proteico purificato dell’allergene e si pratica sulla pelle in corrispondenza della goccia una lieve scarificazione delle cute.

Se il test è negativo a livello della scarificazione non si ha reazione. In caso di positività a livello della scarificazione si sviluppa un piccolo ponfo rosso e pruriginoso di dimensioni diverse a seconda del grado di allergia.

La negatività dei test cutanei ci dice che non vi sono IgE specifiche per quella proteina. La persona non è allergica alla proteina che abbiamo usato.

La positività di questi test indica la presenza di IgE specifiche nei confronti della proteina di un alimento.

Eventuali trattamenti con antistaminico devono essere sospesi 10 giorni prima dell’esecuzione dei prick test.

Test di secondo livello

I test di secondo livello sono rappresentati da un prelievo di sangue attraverso cui si ricercano le IgE presenti nel sangue specifiche per varie proteine alimentari.

Si tratta del dosaggio delle IgE totali (PRIST) e della ricerca delle IgE specifiche mediante ImmunoCap o RAST.

Anche in questo caso sono test che possono supportare il sospetto allergia alimentare. Ma non sono decisivi per l’esclusione di un alimento dalla dieta.

La loro negatività non esclude allergia e la positività può indicare solo la presenza di IgE senza che queste provochino sintomi.

Proprio per la difficoltà di interpretazione che il test può implicare, nonché per i costi della metodica, il suo utilizzo dovrebbe essere di pertinenza specialistica.

Test di secondo livello con molecole ricombinanti

Sono test che utilizzano le nuove tecnologie della diagnostica molecolare: la Component Resolved Diagnosis.

Si tratta di un capitolo estremamente vasto della moderna allergologia applicata alle molecole. Consente di individuare la presenza di IgE verso singoli e precisi componenti degli alimenti (singole molecole quali profilina per esempio).

Sottolineiamo che non si tratta di test più sensibili dei precedenti. Non sono quindi da effettuare in prima istanza nel sospetto di allergia alimentare.

Hanno un ruolo determinante per lo specialista nell’approfondimento di ogni singolo caso e sono fondamentali per indirizzare i comportamenti alimentari.

Test di terzo livello

Il test di terzo livello è il test di scatenamento orale. Il concetto è molto semplice. Si somministra l’alimento per cui vi è il sospetto di allergia alimentare in quantità crescente, fino alla comparsa dei sintomi.

Questo test si può effettuare esclusivamente in ospedale, nei reparti di allergologia. questo perché l’alimento può determinare delle reazioni di vario grado, anche importanti. Per cui solo in ospedale si può assicurare l’assistenza adeguata in caso di reazioni importanti.

La sua utilizzazione deve essere valutata dal medico o dal pediatra.

Le proteine alimentari più importanti nell’allergia alimentare

Gli alimenti responsabili della stragrande maggioranza delle reazioni allergiche sono: latte, uova, arachidi, pesci, frutta secca, soia, crostacei, soia, frumento, verdura e frutta.

Allergia al latte

E’ sicuramente la più frequente e conosciuta allergia alimentare. La sua elevata frequenza deriva dal fatto che i neonati che non possono essere allattati al seno, vengono alimentati con latti artificiali a base di latte vaccino.

L’immaturità dell’apparato gastrointestinale e del sistema immunitario nei primi anni di vita, fanno sì che l’allergia al latte vaccino compaia in percentuali variabili tra il 2 e il 7% dei bambini.

L’allergia al latte vaccino ha normalmente un’evoluzione favorevole con la sua scomparsa nella grande maggioranza dei casi entro i tre anni di vita.

Le proteine del latte sono classificate in caseine e sieroproteine, che costituiscono l’80 e il 20%, rispettivamente, delle proteine totali del latte.

Le principali sieroproteine sono: β-lattoglobuline e α-lattoalbumine. Molti soggetti allergici al latte vaccino risultano reattivi a più di una proteina.

La gran parte degli allergici alle proteine del latte vaccino non sono in grado di tollerare nemmeno il latte di altri mammiferi, in particolare quello di capra o di pecora. Per la elevata omologia tra le proteine, in particolare le caseine.

Diffidare quindi dei messaggi pubblicitari confondenti che sostengono la possibilità di usare latti di altre specie per chi è allergico alle proteine del latte vaccino.

Studi recenti hanno dimostrato che circa la metà dei bambini con allergia alle proteine del latte vaccino è in grado di tollerare le sue proteine contenute in alimenti con grano e cotti al forno ad elevate temperature (oltre 150 gradi) e per lungo tempo (oltre 30 minuti). Come ad esempio i biscotti o i ciambelloni.

Tuttavia i rimanenti possono sviluppare reazioni gravi anche di tipo anafilattico.

Allergia all’uovo

Anche le uova sono frequentemente coinvolte nelle forme allergiche infantili. Come per il latte, si osserva una tendenza alla scomparsa dell’allergia nei primi anni di vita.

Le principali proteine dell’uovo che provocano allergia sono: ovoalbumina e ovomucoide. Il lisozima sembrerebbe responsabile della sensibilizzazione solo in un limitato numero di soggetti. Queste proteine sono molto più concentrate nell’albume.

Nel tuorlo sono presenti le stesse proteine allergeniche dell’albume, seppure in quantità inferiore (circa ¼).

La stabilità di queste proteine dell’uovo è elevata e le reazioni cliniche si evidenziano sia dopo il consumo di uovo crudo che di uovo cotto.

Come per il latte è stato di recente dimostrato che circa la metà dei bambini allergici all’uovo sono in grado di tollerare l’uovo cotto estensivamente al forno con il grano (a es. biscotti o ciambellone).

Essendo l’uovo un ingrediente molto diffuso nel settore alimentare, la dieta dei soggetti portatori di questa allergia deve necessariamente avvalersi di un’attenta lettura delle etichette.

Allergia al frumento

L’allergia al frumento può realizzarsi per la produzione di IgE specifiche nei confronti di diverse classi di proteine: le gliadine e l’alfa-amilasi.

Alcune di queste proteine risultano stabili alla denaturazione termica, quindi ancora pericolose per il soggetto allergico dopo la cottura o i comuni trattamenti tecnologici.

E uno degli alimenti più frequentemente in causa nell’anafilassi da esercizio fisico.

Non dobbiamo confondere l’allergia al frumento con la celiachia, sono due malattie diverse.

Allergia alla soia

Spesso utilizzata nei latti destinati all’allattamento dei soggetti allergici al latte vaccino, la soia si è dimostrata a sua volta in grado di provocare un’allergia.

È noto che il 10-14% dei soggetti allergici al latte vaccino diventa allergico anche alla soia.

Relativamente alla stabilità ai trattamenti tecnologici, la soia mantiene il suo potenziale allergizzante anche dopo trattamenti termici a varie temperature e per tempi diversi.

L’olio di soia la cui lavorazione determina l’allontanamento delle proteine risulta tollerato dalla maggioranza dei soggetti allergici.

Allergia all’arachide

L’arachide è spesso responsabile di fenomeni allergici anche gravi come lo shock anafilattico. Dal punto di vista della stabilità, le proteine dell’arachide persistono ai comuni trattamenti tecnologici. Ovvero tostatura e lavorazione che porta alla produzione di derivati (burro e farina di arachide).

Risulta invece tollerato dalla maggior parte dei soggetti allergici l’olio di arachide. Che è sottoposto a processi di lavorazione in grado di allontanare quasi totalmente la frazione proteica.

Sono noti casi di cross-reattività che si osservano maggiormente con la frutta a guscio (nocciola, mandorla, noce brasiliana), piuttosto che con altri legumi (fagioli, carrube).

Allergia nei confronti della frutta a guscio

I principali frutti a guscio coinvolti nelle reazioni allergiche sono la nocciola, la noce, l’anacardo o noce di Acajù, la noce di Pecan, la noce del Brasile, il pistacchio, la noce del Queensland o di Macadamia, la mandorla. Non tutti questi frutti hanno elevata diffusione nel nostro Paese.

Un’allergia alimentare di comune riscontro in Italia è l’allergia alla nocciola. La nocciola contiene varie proteine che causano allergia, non sono denaturate dai trattamenti termici a cui questi frutti vengono comunemente sottoposti prima della commercializzazione.
Tali allergeni possono causare, nel soggetto sensibilizzato, reazioni gravi, fino anche ad anafilassi mortale se non diagnosticati correttamente.

Esistono casi documentati di cross-reattività sia tra i diversi frutti a guscio, sia con i legumi.

Sottolineiamo di nuovo l’importanza di una precisa valutazione allergologica fatta da specialisti esperti del settore. In questo modo  il paziente può essere informato in maniera precisa sul suo livello di rischio. In modo evitargli situazioni che potrebbero mettere addirittura a repentaglio la vita stessa.

Allergia al sedano, sesamo e senape

L’allergia al sedano ha una certa diffusione in Italia, in particolare nei soggetti allergici al polline di betulla e in misura minore all’artemisia.

Per quanto riguarda la sensibilizzazione al sesamo e senape, con l’avvento della cucina etnica e la diffusione del sesamo, quale ingrediente dei prodotti da forno (dolci e pane), il numero di soggetti allergici a questi due alimenti è andato aumentando progressivamente.

Il sedano viene consumato sia crudo sia cotto ed in entrambi i casi sono stati registrati casi di reazioni cliniche. In soggetti altamente allergici sono stati descritti casi di reazioni anafilattiche anche a seguito del consumo di olio di semi di sesamo.

Allergia al pesce

I pesci rappresentano una classe di alimenti molto ricca. L’allergia al pesce è ben conosciuta e si manifesta sia in età pediatrica che in età adulta.

Nonostante il numero molto elevato di pesci inclusi nella dieta, solo alcune proteine di origine ittica sono state identificate dal punto di vista molecolare. Tra queste, quella meglio conosciuta è la parvalbumina del merluzzo, nota come Allergene M.

Anche nel caso del salmone la proteina coinvolta nella sintomatologia allergica è la parvalbumina.

Allergia ai crostacei e molluschi

Anche crostacei e molluschi includono un elevato numero di specie. Tra le diverse specie sicuramente il gambero è quello più frequentemente responsabile di reazioni allergiche negli adulti.

Anche in questo caso solo pochi allergeni sono stati studiati dal punto di vista molecolare. Tra questi, la tropomiosina è l’allergene più conosciuto.

La tropomiosina è stabile al calore e quindi può determinare reazioni cliniche dopo il consumo di crostacei (e molluschi) sia crudi che cotti.

Fenomeni di cross-reattività sono stati osservati non solo tra i diversi crostacei (aragosta, granchio, ecc.) e molluschi (seppie,ecc), ma anche con aracnidi (acari della polvere) ed alcuni insetti (scarafaggi).

Terapia

La terapia dell’allergia alimentare è la completa esclusione dalla dieta dell’alimento che scatena i sintomi allergici.

Abbiamo visto come in alcuni casi bastano piccole quantità di proteine per avere anche sintomi molto gravi. In altri casi conta il trattamento che le proteine di un alimento hanno subito. In altri ancora esistono delle particolari cross-reattività. Cioè proteine che sono presenti in alimenti e in pollini.

Una terapia corretta non può che seguire una diagnosi corretta, che prende in considerazione tutte le proprietà della proteina alimentare che causa allergia. La corretta interpretazione dei test e quindi la corretta diagnosi deve essere fatta da medici esperti.

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